ATTIVITA’ DEL GRUPPO 2008 (anno 2022)

 

L’anno nuovo si apre con le rinnovate preoccupazioni per il Covid ed una cronica mancanza
di neve. Quella caduta a novembre 2021, che aveva fatto ben sperare, si è dissolta con le alte
temperature ed il vento caldo delle vacanze di Natale e la poca rimasta si è ghiacciata.
Infatti la prima uscita dell’anno alla bocchetta di Majona si scontra con una gelida domenica ed una
difficile progressione su neve a tratti gelata e nel bosco inconsistente. Quindi per tutto il resto di
Gennaio cerchiamo itinerari alternativi: il Tempietto di San Fedelino, il Monte Garzirola, il rifugio
Trona Soliva ed il Passo di San Jorio, la Montagnola. L’attesa di una bella nevicata si protrae anche
a Febbraio e allora ecco l’idea liberatoria: si va in Engadina, dove un po’ di neve e’ presente. Ancora
non lo sappiamo, ma sarà il leit-motiv dell’inverno 2022.
Si comincia con una tranquilla ciaspolata dal Maloja al Canin passando per il lago Cavloc e si
prosegue con un’uscita bella tosta alla Motta di Septimer, partendo da Bivio e percorrendo
l’interminabile vallone del Septimer. Sempre da Bivio partecipiamo alla gita scialpinistica del Cai
Morbegno al Piz Roccabella. Quindi facciamo un tentativo in Val Tartano alla cima di Lemma dal
Passo di Tartano, ma la salita, causa mancanza di neve, la facciamo con il portage delle ciaspole.
Anche se poi in discesa, dal passo della Scala, ci divertiamo alla grande. Testiamo anche la
Valgerola, con la classica salita al Ponteranica Centrale, ma la neve e’ molto dura e gelata.
Allora si torna in Engadina al Piz Belvair, dapprima affrontando il gelo alla partenza dalla stazione
di Madulain, poi appena più su troviamo il sole ed una splendida neve che ci consente di salire ai
ragguardevoli 2822 metri della cima. Visto che stiamo salendo delle cime che di solito si fanno ad
aprile/maggio, ci può stare anche il Pizzo Mellasc, come sempre magnifico. Siamo a marzo e
decidiamo di fare una puntatina nel lecchese al Corno Regismondo, in una gelida giornata in cui ci
si scalda tirando le catene dei sentieri attrezzati dei Pizzetti e del sentiero Silvia. E’ il turno di una
gita esplorativa in Val Budria fino alla baita di Saroden: grande e faticosa ravanata in una neve
mutevole e dovendo battere la traccia. Si ritorna nel lecchese per un giro ad anello al Monte
Moregallo: salita dal sentiero Paolo ed Eliana e discesa dalla cresta ovest su sentiero attrezzato.
Nell’alternanza tra neve e sentieri attrezzati tocca all’Engadina; con salita al Piz d’Emmat Dadaint,
un quasi tremila nella zona dello Julier, in una giornata dall’atmosfera onirica con luce soffusa e
neve giallognola a causa della tempesta Celia che dal nel Sahara manda i suoi effetti sulle Alpi.
Abbandoniamo la neve per un impegnativo allenamento sulle ferrate di casa: nella stessa domenica
facciamo quella di Mese e a seguire quella di Dalò.
Poi ci rendiamo conto che la breve stagione delle ciaspole e degli sci sta volgendo al termine e ci
diamo sotto: Piz Lagrev, Corn Chamuotsc e Pizzo Pedena, tutte splendide cime innevate.
Troviamo l’occasione per una estemporanea gita al Pizzo d’Erna: per qualcuno una tranquilla
passeggiata, per altri l’adrenalina della ferrata Gamma 1.
Quindi concludiamo in bellezza la stagione della neve con una splendida salita alla Fuorcla d’Agnel
in giornata molto soleggiata e calda.
L’attivita’ primaverile inizialmente si svolge nel lecchese: giro ad anello al Monte Ocone con salita
alla Corna Camozzera e poi sentiero attrezzato al Monte Due Mani da Ballabio.
Quindi torniamo i monti di casa, risalendo la valle del Ferro con le sue cascate, raggiungendo il
Bivacco Resnati, i Laghi di Santo Stefano e il Monte Ponteranica Orientale dalla Casa San Marco.
Un cenno a parte merita il grande anello del Bivacco Rovedatti, con partenza dalla Bianca sopra
Talamona e rientro dall’alpe Dondone; si e’ trattato di una laboriosa escursione esplorativa su
sentieri storici di recente ripristinati, con pendenze impossibili e vegetazione rigogliosa.
Ormai l’estate incombe e visto che non ci sono più in giro tracce di neve, cominciamo a salire una
serie di cime belle impegnative: il Pizzo Trona, la Cima Fontana, il monte Spundascia con
traversata al passo di Campagneda, il Munt Pers per la Senda del Diavel, la traversata per cresta dal
Passo San Marco toccando il monte Fioraro, la cima di Budria, il monte Tartano ed il monte
Rotondo e rientrando dal sentiero 101 bergamasco.
A mio parere però la vetta del 2022 più prestigiosa e’ stata la salita alla mitica Cima Piazzi dal Passo
di Verva, che ha richiesto un grande impegno, molta fatica e grande autocontrollo.

Per riprenderci dalla faticaccia della cima Piazzi, abbiamo sperimentato la stranezza di
un’escursione quasi tutta in discesa, da Bormio 3000 raggiunto in cabinovia, siamo scesi ai Bei
Laghetti e al passo di Profa, per poi fare una lunga traversata fino a Bormio 2000.
Successivamente il gruppo e’ stato falcidiato dal Covid estivo e per due settimane siamo stati
costretti al riposo forzato.
Abbiamo ripreso in agosto con cautela, dapprima con lunghi trekking: l’anello della Cima di
Lemma, l’anello del Sentiero Cadorna in Valgerola, la salita in val Lemma all’alpe Laur, bocchetta
di Sona e Monte Tartano e infine trasferta elvetica alla Chamanna D’Es Cha.
Poi torniamo a scatenarci con un’altra inedita salita al Piz Ot da Celerina, con una divertente
progressione sulla sua cresta attrezzata fino alla panoramica vetta. Quindi di nuovo un lungo
trekking al Rifugio Casati e alla vicina Cima di Solda, in una giornata bellissima in cui lo sguardo
correva in continuazione alla cerchia dei grandi monti dell’alta Valfurva ed in particolare al vicino
Gran Zebru’ commentando con stupore e amarezza l’evidente regressione del suo ghiacciaio.
Una bellissima uscita è stata quella del Gran Giro del lago dell’Albigna, un itinerario attrezzato
nuovissimo realizzato nel 2022, che consente di girare intorno al lago dal colore stupendo, in uno
scenario d’alta montagna che per molti è stato un’autentica scoperta.
A seguire un’altra impegnativa cima: il monte Massuccio da Schiazzera, veramente faticoso
saltellare su tutti quei sassi nell’avvicinamento e affrontare la crestina finale molto esposta.
I primi colori dell’autunno li abbiamo ammirati salendo all’anticima del Monte Lavazza in val
Caronella e al Monte Cavallo dal rifugio Madonna delle Nevi, dove non abbiamo potuto gustare
l’ampio panorama dalla cima a causa della nebbia, ma ci siamo rifatti con una discesa attrezzata in
un ambiente irreale e osservando da vicino le maestose canne d’organo del passo di San Simone.
E siamo a raccontare quella che per me rimane la grande impresa della stagione: la Traversata Alta e
Bassa delle Grigne, un percorso difficile e vario, con parecchi tratti attrezzati e terreni insidiosi, ma
soprattutto molto lungo e complicato dalle nebbie che di tanto in tanto avvolgevano i magnifici
torrioni e rendevano ostico il cammino. In estrema sintesi abbiamo salito la cima della Grignetta,
quindi siamo scesi alla selletta del Buco di Grigna, abbiamo risalito le paretine degli scudi Tremare
e la cresta della Grigna Settentrionale fino al Rifugio Brioschi, chiuso per lavori di ristrutturazione.
Per il rientro abbiamo utilizzato la via normale che scende al Rifugio Pialeral e da lì l’interminabile
Traversata Bassa che ci ha permesso di ritornare al Pian dei Resinelli.
In ottobre continuano le belle giornate e noi le occupiamo con fantastiche escursioni ad anello: al
Corno Birone, al Rifugio Griera, in Val Lesina, al Sentiero Morbegno Citta’ Alpina, alla Grigna
Settentrionale dalla via del Nevaio, al Rifugio Ponti, alla Val di Mello e alla Val Torrone.
Poi lo scenario stagionale cambia, in alto arriva la prima neve e noi andiamo a pestarla salendo al
Pizzo Mercantelli e al lago di Scermendone. Ne troviamo veramente tanta e nella traversata verso
la Croce dell’Olmo, un po’ ci rallenta, anche se veniamo ricompensati dalla visione di uno splendido
tramonto, prima di accendere i frontalini per raggiungere le auto.
Salita del Monte Bassetta, seguito da una gran festa con polenta e vini raffinati. Quindi vari giri ad
anello: del Monte Brusada con spericolata discesa, del Monte Berlinghera salito dall’alpe Darscen
in una giornata dai colori stupendi, del Legnocino con visita a Sommafiume, dei fiabeschi Pizzi di
Parlasco con tentativo di abigeato della capra Lalla. In una giornata nebbiosa abbiamo affrontato la
ferrata del Corno Rat e la salita della cresta attrezzata del Corno Orientale di Canzo.
Siamo a Dicembre e arriva una nevicata importante, possiamo quindi fare un’uscita su neve con sci
e ciaspole, salendo al Passo di Salmurano e scendendo dalla pista della Scala. Nevica ancora un po’
e ci proviamo con la Rosetta, con la simpatica Gita di Natale del Cai Morbegno al Monte Olano,
con la Fuorcla da Caral e finiamo in bellezza il 31 dicembre con il Pizzo Rotondo di Tartano.
In conclusione un po’ di numeri del 2022: ci siamo cimentati in ben 66 uscite ed alcuni del gruppo
2008 hanno anche partecipato a 4 gite del Cai Morbegno, tra cui quella tosta al Monte Adamello.
Più difficile invece fare un bilancio che comprenda le soddisfazioni, le emozioni, l’incanto dei
paesaggi, le gelate mattutine, le ravanate fuori sentiero, le traversate pericolose, l’adrenalina dei
sentieri attrezzati, la paura nelle discese ardite, lo smarrimento nelle nebbie, il vento che ti ghiaccia
il sudore, la gioia inarrestabile della vetta ed il relax della birra che conclude l’escursione.

ALPE LENDINE

Domenica 23 febbraio 2020 escursione su neve all’Alpe Lendine.

Vista la situazione di scarso innevamento e della probabile presenza di qualche tratto ghiacciato, decidiamo di utilizzare solamente gli scarponi ed i ramponcini, lasciando a riposo le nostre amate ciaspole.

Alla partenza da Olmo le nubi che ammantavano la Valchiavenna cominciano a sfrangiarsi ed il sole si fa strada ad illuminare la valle ed il serpentone del Cai Morbegno che si inerpica sulla prima salita verso l’alpeggio di Zecca.

Siamo in 21 partecipanti comprese le  gentili ospiti del Cai di Dongo e Calogero del Cai di  Roma.

Giunti a Zecca ci soffermiamo ad ammirare le caratteristiche baite della valle del Drogo e commentiamo la presenza di alcune locandine che segnalano l’intenzione di vendita dei proprietari.

Superato l’alpeggio, il percorso entra in un magnifico lariceto e con andamento tranquillo, qualche salitella e lunghi tratti pianeggianti, procede   verso la valle del Drogo.

Poco prima del caratteristico ponticello sul torrente Drogo  incontriamo un po’ di neve ghiacciata e calziamo i ramponcini. Ci spostiamo quindi sull’altro versante della valle ed affrontiamo la parte più impegnativa della gita risalendo un pendio molto innevato.

Il bosco si dirada ed ecco apparire la fiabesca Alpe Lendine. Siamo solamente a 1710 metri, ma ci colpisce l’enorme quantita’ di neve presente sui tetti delle piccole baite.

Di colpo ci sembra di essere tornati indietro nel tempo, ci incantiamo ad osservare e fotografare questo bellissimo angolo di un mondo antico che si e’ magicamente conservato integro attraverso i secoli, visto che l’alpeggio e’ gia’ menzionato nel secolo XIV come alpe di Olmo.

Naturalmente osserviamo anche le splendide cime che fanno da fondale all’Alpe: il monte Mater ed il Pizzaccio, con in mezzo il passo di Lendine.  Di fronte a noi, anche se un po’ nascosto dalle nuvole chiare, si impone il Pizzo Stella, mentre alla nostra sinistra scorgiamo il bacino del Truzzo.

E’ tempo per una frugale colazione ed il gruppo si divide fra le baite per cercare un posticino senza neve. Abbiamo anche la fortuna di incontrare in una delle baite una  sorridente signora che gentilmente  ci offre alcune tazze di buon caffe’

La discesa verso Olmo  é piacevole e rilassante, anche perché ci si attarda ad osservare i bellissimi larici e a commentare i momenti piu’ interessanti dell’escursione.

PIZ MOTAL

Bella la gita sci alpinistica al Piz Motal 2515 m, partenza da Sfazù (1620 m) dopo Poschiavo (CH) all’imbocco della Val di Campo.
La salita è stata piacevole su dolci pendenze fin sotto la pala finale,  dove il fondo duro e ghiacciato ha richiesto un certo impegno, utili per molti l’utilizzo dei rampanti.

Da ricordare la piacevole vista dalla cima verso il gruppo del Bernina e Palù, e l’ottimo VOV casalingo offerto da Gabriele.

Discesa divertente soprattutto nella parte centrale, neve farinosa per uno slalom tra le piante.

MUOTT’OTA

Domenica 26 Gennaio 2020 partiamo di buon mattino verso Sils Maria in Engadina, dove lasceremo le auto nel comodo parcheggio sotteraneo.

Il tempo non sembra dei migliori: nuvole e po’ di foschia in alto, ma confidiamo nelle previsioni svizzere che promettono in tarda mattinata una bella schiarita con cielo azzurro e sole.

La nostra meta di giornata e’ il Muott’Ota, che  e’ quasi piu’ difficile da pronunciare, che da salire. Si tratta della dorsale che separa le Val di Fex da quella di Fedoz e promette una bella ciaspolata in un ambiente invernale suggestivo oltre ad un panorama spettacolare dalla cima.

Siamo in quindici motivati ciaspolatori che bruciano in poco tempo la prima parte del percorso su una  stradina innevata che costeggia la gola del torrente Fedacla e ci porta a  Fex-Crasta. Da qui inizia la moderata e zigzagante  salita che attraversa  un bellissimo bosco di larici. Grazie ad Angelo, che ci accompagna in questa trasferta engadinese, apprendiamo un sacco di gustose nozioni sulle piante del bosco e sulle loro caratteristiche.

Pian piano usciamo dalla lariceta e sempre su una nitida pista con  neve bella compatta,  affrontiamo la parte un po’ piu’ tecnica della salita. Con numerose diagonali che verso destra ci portano ad osservare la lunghissima Val Fedoz e il piz La Margna, mentre a sinistra guardiamo la Val di Fex, il Piz Corvatsch ed il Tremogge.  La pendenza non e’ mai eccessiva ed in breve superiamo il risalto roccioso che ci introduce all’ampia cresta. Raggiungiamo la cima e ci gustiamo al sole lo spettacolo dell’Engadina innevata in un delirio di laghi e di vette che cerchiamo di individuare. Dopo la breve pausa spuntino, anche per l’arrivo di un nuvolone da Sud, decidiamo di scendere verso la Val di Fex. Dopo una certa timidezza iniziale la discesa su neve soffice scatena gli istinti ciaspolatori dei piu’ intraprendenti che si lanciano dritto per dritto giu’ dal pendio, mentre altri piu’ prudenti scendono con maggior circospezione. Ci ritroviamo a fondovalle sul pianeggiante percorso che ci riporta verso Sils Maria e in lunga fila indiana procediamo chiaccherando e commentanto la salita al Moutt’Ota, che in romancio, significa “alta montagna”.

Abbiamo anche modo di notare alcuni particolari che all’andata, forse  per il freddo e la voglia salire, avevamo trascurato. Ad esempio, che la strada che entra il val di Fex e’ chiusa al traffico veicolare, pero’ c’e’ un efficiente servizio di carrozze scoperte trainate da cavalli. Inoltre ci sono delle bellissime piste per lo sci di fondo con salite toste e discesine impegnative. Abbiamo anche ammirato lo splendido Hotel Sonne, la chiesetta bianca di Fex-Crasta, le bellissime baite svizzere tradizionali, l’Hotel Waldhaus immerso nel bosco e la Nietzsche Haus dove il filosofo tedesco passava le sue estati. Come al solito a me vengono in mente anche riferimenti libreschi: a Sils e’ ambientato il romanzo di Rosetta Loy “Cioccolata da Hanselmann”  (che e’ una famosa pasticceria di St. Moritz) o cinematografici: il recente film “Sils Maria”  con Juliette Binoche che in gran parte e’ stato girato qui.

Quando rientriamo alle auto comincia fare freschino, anche petche’ il sole e’ sparito dietro le nubi. Dopo aver un po’ litigato con la macchinetta del parcheggio che accetta gli Euro, ma da’ il resto in Franchi, riprendiamo la via di casa soddisfatti per la bella uscita svizzera.

MONTE GRONA

Monte Grona – La ferrata del Centenario

Non tutte le ferrate sono uguali. Alcune sono una successione ininterrotta di gradini e staffe, in cui non si mette mai una mano od un piede sulla roccia. Altre invece sono realizzate con uno spirito diverso, salvaguardando il gesto dell’arrampicata e proponendo il cavo metallico o la catena solo come dispositivo di sicurezza, lasciando a ciascuno la libertà di servirsene a propria discrezione, come mezzo di progressione o solo come protezione. La ferrata del Centenario sul monte Grona appartiene a questo secondo tipo. Si sviluppa su una cresta di roccia calcarea, da cui si levano quattro torri, di cui l’ultima costituisce la vetta del monte. Siamo sulle montagne tra i lago di Como e quello di Lugano, nei pressi del rifugio Menaggio. Dopo due rinvii a causa del tempo instabile, finalmente arriva una bella domenica di maggio. Dopo un avvicinamento di tre quarti d’ora siamo all’attacco della via, che, per mettere subito le cose in chiaro, parte con un tratto verticale. La relazione la classifica come “D”, difficile. La roccia però è molto appigliata, con bei maniglioni per le mani ed altrettanti appoggi per i piedi, cosicchè chi vuole arrampicare lo può fare in tutta tranquillità. Chi invece ha meno dimestichezza con la roccia sale aggrappandosi alla catena, con però un notevole dispendio di energie. Dopo il tratto iniziale, tutto il gruppo prende confidenza con la via e si procede tranquillamente. Siamo in tredici ed abbiamo circa 400 metri di dislivello da compiere in arrampicata. Il fatto di essere un gruppo numeroso si ripercuote negativamente sulla nostra velocità: siamo in fila indiana ed ogni rallentamento del singolo, per una difficoltà, per un intoppo, per fare una foto o semplicemente per tirare il fiato e guardarsi in giro, si trasmette immediatamente a chi lo segue e a chi, più avanti, lo dovrà aspettare. Per questa ragione, unitamente al fatto che è una bella giornata, che non abbiamo nessuno né davanti né dietro, impieghiamo quasi quattro ore per completare la via. Nel complesso è una ferrata divertente, con tratti semplici ed altri non banali. In particolare sulla terza torre c’è una placca verticale (non a caso chiamata “placca difficile”) che determina qualche apprensione ed anche una defezione a causa di un problema fisico; anche il successivo “spigolo affilato” dà del filo da torcere a chi vuole salire in arrampicata. Va anche considerato che, se da un lato si è sempre agganciati al cavo di sicurezza, dall’altro gli ancoraggi di questo cavo sono piuttosto distanti, per cui un’eventuale caduta significherebbe un volo anche di 5-6 metri, non piacevole su una cresta frastagliata. La via presenta anche alcune possibilità di uscita, che in un caso, come detto, si sono rese quanto mai utili. Verso l’ora di pranzo siamo tutti in cima. La vetta è molto panoramica, anche se la foschia ci toglie un po’ dello spettacolo, che comunque è notevole. Raggiunti da comitive chiassose che salgono dalla via normale, addentiamo finalmente i nostri panini. Anche la sete si fa sentire, e mi fa pensare a cosa dev’essere salire la via in una giornata di piena estate. Mi accorgo di avere le braccia rosse per il sole e di essermi seduto su delle inaspettate ortiche di vetta. Radunato il gruppo scendiamo per la ripida direttissima, cioè il sentiero che percorre il canalone che fiancheggia la nostra cresta. In venti minuti perdiamo il dislivello che abbiamo faticosamente guadagnato in una mattinata d’arrampicata, ed arriviamo all’affollato rifugio Menaggio, pieno di famiglie e fauna varia. Una birretta ci toglie l’arsura, poi con calma scendiamo alle macchine.

Alessandro

PIZZO RACHELE (Festival delle Alpi)

 

Visto dal rifugio Gerli Porro, in Val Ventina, il Pizzo Rachele fa bella mostra di sé: una bella piramide, piuttosto alta che si affaccia sul ghiacciaio. Mi incuriosisce il nome ma su internet non ho trovato nessuna spiegazione, e neppure il capanàt mi è d’aiuto; forse è una dedica, un po’ untuosa, fatta nel ventennio fascista, forse invece c’è una ragione più romantica. Ci informeremo meglio. Comunque sia siamo quasi una trentina di persone partite da Morbegno per salire il Pizzo o per lo meno per girargli intorno. Da Chiareggio saliamo compatti, raggiungiamo il rifugio e poi ci addentriamo  nella valle, risalendo l’orlo della morena di sinistra. Seguiamo i segnali dell’Alta Via della Val Malenco che ci porta a salire il ripido pendio verso il Passo del Ventina, a quota 2.600 m. A metà salita cominciamo a calpestare neve, caduta nei giorni precedenti. Tra neve e sfasciumi, che non ci agevolano, arriviamo al valico, che ci permette di affacciarci sull’altro versante, dove possiamo vedere i laghetti di Sassersa, meta di una buona parte del gruppo. Scattiamo qualche foto, mangiamo qualcosa e poi ci separiamo: alcuni vanno ai laghi e successivamente scenderanno fino a Primolo, altri raggiungeranno anche loro i laghi ma poi torneranno dalla stessa strada percorsa in precedenza, per raggiungere, con le auto, quelli del gruppo precedente. In undici invece saliamo alla cima del Pizzo Rachele. Partiamo sulla cresta Ovest, inizialmente senza alcuna difficoltà particolare. Capiamo però presto che la neve ci avrebbe procurato qualche grattacapo: un manto di una ventina di centimetri copre ogni traccia di salita e ci nasconde le placche scivolose che ogni tanto ci troviamo sotto i piedi. Così la salita, normalmente abbastanza semplice, si presenta oggi un po’ più complicata. Al primo intaglio dobbiamo già tirar fuori la corda dallo zaino; un salto di alcuni metri, sopra un versante esposto, ci obbliga a legarci e a mettere qualche protezione per superare il tratto in sicurezza. Anche gli scarponi bagnati e slittanti non ci aiutano a salire in tranquillità sulla roccia. Comunque sia, tutti superano l’ostacolo e si torna a risalire il versante, sempre più bianco e scivoloso. Così mettiamo mano anche alle picozze e proseguiamo fino alla parte finale della salita. Un canalino stretto e bagnato ci obbliga nuovamente ad attrezzare la salita, così come il traverso finale che ci porta in cima. Siamo decisamente in ritardo sulla tabella di marcia, ma fortunatamente le previsioni meteo favorevoli hanno mantenuto quanto promesso, cosicchè, nonostante un vento un po’ fastidioso, godiamo di un bel tempo e quindi di una certa tranquillità. Dalla cima il panorama è notevole, anche se un po’ limitato dalla nuvolaglia che ci gira attorno dalla mattina. Scattate le foto di rito ci affrettiamo a scendere. Sappiamo che scendere dei tratti in doppia, in undici, non è una cosa veloce per cui cerchiamo di affrettare i tempi, attrezzando a volte anche due calate parallele. Senza intoppi particolari arriviamo nuovamente al passo e da qui al rifugio. Non è certo presto, ma crediamo di esserci guadagnati almeno una birra, così ci fermiamo alla Porro dove scambiamo due chiacchiere con il gestore, soddisfatto dell’affluenza domenicale, e con alcuni alpinisti che ci informano sui loro programmi dei giorni successivi. Il comodo sentiero ci porta velocemente alle auto in attesa a Chiareggio. C’è “campo” per i cellulari, così possiamo avvisare casa che è tutto a posto, ci siamo solo attardati per goderci con calma una salita in stile alpinistico.

 

Alessandro Caligari

MUSICA IN GIARDINO

Lo scorso venerdì 9 giugno la nostra sede è stata animata dalla serata di “Musica in giardino”, consueto appuntamento annuale di apertura della stagione estiva. Ospite di questa sesta edizione è stato il Coro alpino di Berbenno, che, sotto la direzione del maestro Gioele Peruzzi, ha allietato il numeroso pubblico di spettatori con una decina di brani in cui la montagna è protagonista.

Dalla Preghiera trentina alla colonna sonora di Italia K2, dalle musiche di Arturo Benedetti Michelangeli a quelle di Marco Maiero: il maestro Peruzzi, con brevi introduzione ai brani, ci ha accompagnato lungo un percorso alla scoperta del mondo della montagna, in tutte le sue sfumature.

La serata, resa piacevole anche dal clima fresco e dalla meravigliosa location dei giardini di palazzo Malacrida, si è conclusa con un bicchiere di vino, qualche stuzzichino e altri canti in compagnia.

ALPE PIAZZA (LEGÜI)

Doveva essere una ciaspolata: purtroppo quest’inverno la neve si sta facendo attendere, per cui la gita è stata convertita in un’escursione fino al rifugio Alpe Piazza, ed in seguito in un’ascesa facoltativa alla cima del Monte Lago (2350 m slm).
Ritrovo in Piazza Sant’Antonio per compattarci nelle macchine, pronti via abbiamo risalito per 15km la strada del passo San Marco e al bivio per l’Alpe Piazza abbiamo parcheggiato per iniziare la nostra camminata.
Abbiamo attraversato i maggenghi di Corte Grassa e Corte Grande proprio mentre il sole faceva capolino dalla vetta del monte Pedena ed iniziava a scaldare la nostra giornata in compagnia.
In meno di un’ora siamo giunti al rifugio, breve sosta e controllo dell’attrezzatura e poi siamo ripartiti, facendo una deviazione ed evitando il sentiero che ci ha però offerto degli spettacolari giochi di ghiaccio. La fatica sulla rampa finale (sottile strato di neve ma molto dura e scivolosa) è stata ricompensata dalla gioia della vetta: giornata limpidissima, vista a 360° e temperature abbastanza miti.
Quel che più conta, è che al rifugio ci attendeva un pranzo memorabile: giù veloci per i pendii del Lagui, abbiamo attraversato l’alpeggio e siamo giunti in tempo per riempire la tavolata che ci è stata riservata.
Dopo la mangiata (e la bevuta) in compagnia, 13 persone in tutto, siamo ripartiti alla volta delle macchine, mentre il sole ormai si accingeva a tramontare.
Non è stata una gita troppo tecnica o impegnativa, ma la ricorderemo sicuramente per una bella domenica in montagna, scaldata da un sole inatteso per i giorni della Merla, e scaldata anche dalla bella compagnia di tutti i presenti.
Francesco

PIZ SURGONDA

PIZ SURGONDA    (19 gennaio 2017)

 

Nel complesso si è rilavata una scelta vincente andare oltre confine, in Engadina, a fare la prima gita scialpinistica dell’anno 2017.

La poca neve di questa prima parte dell’inverno non ci ha permesso di trovare valide alternative alla Val d’Agnel oltre il Passo Julier, una delle poche zone a distanza chilometrica accettabile con qualche centimetro di neve in più rispetto a quanto presente sulle montagne di casa nostra.

Il numero considerevole di auto parcheggiate presso “LA VEDUTA” ne è stata la conferma, molti altri scialpinisti l’hanno pensata come noi.

 

Le basse temperature -17° C, non ci hanno scoraggiato e ci siamo messi velocemente sugli sci per cercare di scaldarci velocemente  e raggiungere il prima possibile una zona soleggiata.

Dopo 30 minuti di salita all’unanimità si decide di cambiare meta.

In una giornata con grado 3 sulla scala del rischio valanghe, il Piz Campagung per le sue pendenze più dolci, la minore presenza di vento e un innevamento più continuo e costante ci è sembrava un posto più sicuro,  poi delle evidenti  tracce a serpentina dalla cima hanno catturato la nostra attenzione al contrario della cresta ventata e scarsa di neve  del Surgonda.

 

Chi pensava di rinunciare a qualche metro di dislivello per la differenza di altitudine tra le due montagne,  ha avuto il tempo di riscattarsi rimpellando e ripetendo i primi 200 m di discesa su una fantastica  neve polverosa.

Purtroppo non tutti i sassi siamo riusciti ad evitare, e qualche danno alle solette degli sci ce li siamo portati a casa.

Rientrati in Italia nel primo pomeriggio, come al solito tappa merenda per scambiarci i saluti.