PIZZO RACHELE (Festival delle Alpi)
Visto dal rifugio Gerli Porro, in Val Ventina, il Pizzo Rachele fa bella mostra di sé: una bella piramide, piuttosto alta che si affaccia sul ghiacciaio. Mi incuriosisce il nome ma su internet non ho trovato nessuna spiegazione, e neppure il capanàt mi è d’aiuto; forse è una dedica, un po’ untuosa, fatta nel ventennio fascista, forse invece c’è una ragione più romantica. Ci informeremo meglio. Comunque sia siamo quasi una trentina di persone partite da Morbegno per salire il Pizzo o per lo meno per girargli intorno. Da Chiareggio saliamo compatti, raggiungiamo il rifugio e poi ci addentriamo nella valle, risalendo l’orlo della morena di sinistra. Seguiamo i segnali dell’Alta Via della Val Malenco che ci porta a salire il ripido pendio verso il Passo del Ventina, a quota 2.600 m. A metà salita cominciamo a calpestare neve, caduta nei giorni precedenti. Tra neve e sfasciumi, che non ci agevolano, arriviamo al valico, che ci permette di affacciarci sull’altro versante, dove possiamo vedere i laghetti di Sassersa, meta di una buona parte del gruppo. Scattiamo qualche foto, mangiamo qualcosa e poi ci separiamo: alcuni vanno ai laghi e successivamente scenderanno fino a Primolo, altri raggiungeranno anche loro i laghi ma poi torneranno dalla stessa strada percorsa in precedenza, per raggiungere, con le auto, quelli del gruppo precedente. In undici invece saliamo alla cima del Pizzo Rachele. Partiamo sulla cresta Ovest, inizialmente senza alcuna difficoltà particolare. Capiamo però presto che la neve ci avrebbe procurato qualche grattacapo: un manto di una ventina di centimetri copre ogni traccia di salita e ci nasconde le placche scivolose che ogni tanto ci troviamo sotto i piedi. Così la salita, normalmente abbastanza semplice, si presenta oggi un po’ più complicata. Al primo intaglio dobbiamo già tirar fuori la corda dallo zaino; un salto di alcuni metri, sopra un versante esposto, ci obbliga a legarci e a mettere qualche protezione per superare il tratto in sicurezza. Anche gli scarponi bagnati e slittanti non ci aiutano a salire in tranquillità sulla roccia. Comunque sia, tutti superano l’ostacolo e si torna a risalire il versante, sempre più bianco e scivoloso. Così mettiamo mano anche alle picozze e proseguiamo fino alla parte finale della salita. Un canalino stretto e bagnato ci obbliga nuovamente ad attrezzare la salita, così come il traverso finale che ci porta in cima. Siamo decisamente in ritardo sulla tabella di marcia, ma fortunatamente le previsioni meteo favorevoli hanno mantenuto quanto promesso, cosicchè, nonostante un vento un po’ fastidioso, godiamo di un bel tempo e quindi di una certa tranquillità. Dalla cima il panorama è notevole, anche se un po’ limitato dalla nuvolaglia che ci gira attorno dalla mattina. Scattate le foto di rito ci affrettiamo a scendere. Sappiamo che scendere dei tratti in doppia, in undici, non è una cosa veloce per cui cerchiamo di affrettare i tempi, attrezzando a volte anche due calate parallele. Senza intoppi particolari arriviamo nuovamente al passo e da qui al rifugio. Non è certo presto, ma crediamo di esserci guadagnati almeno una birra, così ci fermiamo alla Porro dove scambiamo due chiacchiere con il gestore, soddisfatto dell’affluenza domenicale, e con alcuni alpinisti che ci informano sui loro programmi dei giorni successivi. Il comodo sentiero ci porta velocemente alle auto in attesa a Chiareggio. C’è “campo” per i cellulari, così possiamo avvisare casa che è tutto a posto, ci siamo solo attardati per goderci con calma una salita in stile alpinistico.
Alessandro Caligari
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