Valli del Bitto
Pizzo Trona
Le mani sulla roccia – E’ la seconda cima dela Valgerola. Di una quarantina di metri più basso del rivale Pizzo dei Tre Signori, questa slanciata piramide offre, oltre a panorami altrettanto suggestivi, salite più stimolanti per chi voglia provare l’ebbrezza di “mettere le mani sulla roccia”. Un tempo il suo toponimo locale era “Piz di Vespui” (vespui = vèsperi), perché, secondo un’interpretazione per la verità poco convincente, assieme al “Piz de la Matina” (Denti della Vecchia) ed il “Piz dul Mezdé” (Pizzo del Mezzodì) , formava una meridiana naturale. Qui viene proposta la via della cresta Nord, alpinisticamente facile, ma non banale.
Nota: la via è attrezzata con catene nei tratti più impegnativi. E’ consigliabile, però, controllarne sempre l’effettiva efficienza.
Dal piazzale degli impianti Fupes (1454 m) ci si dirige, lungo un’ampia strada sterrata, verso una baita visibile un centinaio di metri al di là della stazione di partenza della seggiovia. Un cartello indicatore indirizza lungo il sentiero che penetra nell’abetaia. Si raggiunge la baita del Dossetto (1580 m) e, aggirato il costone erboso, si entra nel cuore della Val Tronella. Risaliti i numerosi tornanti disegnati sul ripido versante occidentale della valle, si traversa in piano (baita e fontana) e si perviene ad una modesta pozza (1845 m) adagiata nella depressione formata dal cocuzzolo boscoso del Piich che si protende verso Nord.
Si prosegue lungo la stradina ben marcata che taglia il versante nord-occidentale del Pizzo del Mezzodì e si arriva ad un’insellatura (1900 m) dalla quale, perdendo un’ottantina di metri, si scende alla bianca palazzina del Lago di Trona (1815 m – 1.30 h). Percorso il muraglione della diga, si prende a destra per rimontare il dosso soprastante (baita). Qui inizia la ripida salita lungo il pendio di sfasciumi rossastri dove si incontrano i resti di antiche miniere di ferro: alcune trincee prodotte dagli scavi, l’imbocco di una galleria, i ruderi di un edificio ed il crogiolo, ancora sufficientemente leggibile, di un forno di fusione. Poco più in alto il secondo bacino artificiale, il Lago dell’Inferno (2085 m – 2.15 h).
Superato l’intrico di massi dietro la casa dei guardiani, si rimonta a sinistra un erto pendio di sfasciumi e di zolle erbose per raggiungere la cresta (2220 m) che collega il Pizzo di Trona ai Dentini di Trona, rilievi rocciosi affacciati sulla valle verso Nord. Si percorre verso destra la cresta denominata, dove diventa più affilata ed aerea (una decina di metri), “la cavallina”, e si rimonta il cosiddetto “lastrone” lungo una fessura. E’ il tratto più impegnativo della salita. Ancora una cinquantina di metri di cresta, ridiventata facile, poi se ne abbandona il filo per continuare verso sinistra lungo una successione intuibile di canali e di camini che rimontano la piramide terminale (2510 m – 4.00 h). Qui una croce di ferro oramai segnata dal tempo e, poco discosto verso Est, uno slanciato ometto in sassi per segnalare la vetta a chi guarda dal Lago Rotondo.
Si scende per il versante Sud-Ovest lungo quella che viene indicata come la “via normale” di salita. Non ci sono particolari difficoltà, ma occorre prestare molta attenzione, perché il pendio è ripido ed è scivoloso, a causa del terreno friabile. Si passa alla base delle rocce che costituiscono la parte terminale della cresta e si raggiunge il profondo canalone che precipita sul Lago dell’Inferno. Lo si rimonta per una decina di metri per raggiungere lo stretto intaglio fra il Pizzo di Trona ed il Falso Trona (2425 m). Il Lago Rotondo è visibile 170 m più in basso. Lo si raggiunge con una discesa diretta su sfasciumi grossolani e lo si aggira da destra.
Dal lago si divalla ulteriormente lungo il sentiero ben segnato fino ad incontrare, in corrispondenza di un grosso masso (2043 m), la traccia che proviene dal Passo Bocca di Trona. Piegando a sinistra si raggiunge il rilievo (1930 m) che sovrasta il Lago Zancone, la cui trasparenza e il cui colore costituiscono ogni volta motivo di stupore. Lungo il sentiero sempre ottimamente segnato, si passa a monte del Lago di Trona e si arriva alla sella di quota 1900 m dove si imbocca sulla destra la via dell’itinerario di salita.
Variante – La cresta Nord-Ovest può essere raggiunta anche dal Lago di Trona. Oltrepassato il muraglione della diga e risalito il dosso soprastante, si piega a sinistra seguendo le piste delle pecore (prendere quella che porta più in alto), poi si risale con percorso libero il ripido conoide di sfasciumi e di zolle erbose fino al suo vertice. Piegando a sinistra, si rimonta un passaggio fra due rilievi rocciosi e si sale attraversando un’ulteriore fascia di detriti. La corona di rocce sommitali, apparentemente ostica dal basso, si supera senza difficoltà. Una volta sulla cresta (2220 m), si piega a sinistra seguendo la relazione di cui sopra.