GIRO D’ESTATE

18 luglio 2016- Giro d’estate

 

Il gruppo è numeroso, tanto che l’autobus è carico oltre la sua capienza. Giornata bellissima, temperatura ottimale. Meta: la traversata Chiareggio-Maloja attraverso lo storico Passo del Muretto, A Chiareggio il pulmann ci scarica, promettendo di riprenderci sul versante svizzero, al passo del Maloja. Saliamo per la mulattiera, resto della linea Cadorna, che si srotola a tornanti nel bosco, finchè ne usciamo all’altezza dell’Alpe dell’Oro. Una piccola deviazione per il pascolo dell’alpeggio ci porta su un superbo terrazzo, affacciato sulla Nord del Disgrazia ed il suo tormentato ghiacciaio. Riprendiamo la mulattiera che, ormai allo scoperto, punta decisamente verso il Passo. Come è normale che sia, il gruppo, così numeroso ed eterogeneo, si sgrana man mano, tanto che al Muretto (m.2562) tra la testa e la coda del serpentone c’è mezz’ora di tempo. Al Passo fa freddo, ed in un amen dagli zaini spuntano pile, piumini, guanti e berrette. Ricompattato il gruppo, rifocillati, scendiamo per il versante svizzero, nella valle del Forno. Fortunatamente non c’è neve, così corda e piccozza, portate per ogni evenienza, restano nel sacco. Il primo tratto è ripido e con un po’ di sassi smossi, così scendiamo con prudenza. Mi volgo indietro e vedo che la fila è veramente lunga, tanto che degli svizzeri che stanno salendo in senso opposto mi chiedono, sorridendo (ma non troppo viste le recentissime vicende turche), se in Italia c’è stato un colpo di stato. La discesa si stempera in una piana alluvionale e da lì, con un sentierino dal fondo un po’ rognoso, si arriva al Plan del Canin, a circa 2000 metri. I primi arrivati si fermano a mangiare, mentre la pancia del gruppo, non vedendoli, prosegue per il gettonatissimo lago del Cavloch. Risolto il piccolo disguido il gruppo si ricompatta e si prende un attimo di riposo. Terminata la siesta, tutti indossano la maglia azzurra e bianca preparata per l’occasione, e si mettono in posa per la fotona generale. Ovviamente non passiamo inosservati e attiriamo non pochi sguardi incuriositi. Qualcuno ha anche pensato alla colonia marina dell’Enel che si è persa (da anni!) sui monti engadinesi. Per tanti il lago del Cavloch non è una novità, ma ugualmente affascina molti, specialmente in una così bella giornata, per cui lo percorriamo quasi tutto e scendiamo dal sentierino della forcella. L’altra metà del gruppo, affascinata invece dal bar della parte opposta, scende dalla strada carrabile. Ci ritroviamo tutti al passo, dove ci raggiunge il pulmann che ci riporta, soddisfatti, a casa.

@le

CIMA ZEBRU’ 3119 m

 

Domenica 3 luglio siamo riusciti  a portare a termine l’escursione prevista nel contesto del Festival delle Alpi, che non avevamo effettuato per il tempo bizzarro dello scorso giugno. Con un gruppo di quasi trenta persone partiamo dal rifugio dei Forni per prendere la direzione del rifugio Pizzini, in Val Cedec. Chiacchierando sulla comoda stradina raggiungiamo la struttura, quasi senza accorgercene. Qui prendiamo una traccia, che a volte scompare nella neve, e puntiamo verso il Passo Zebrù Nord. Davanti a noi c’è l’elegante ed imponente mole del Gran Zebrù e tutta la cornice che porta al Cevedale. Raggiunto il passo, a 3005 metri, anche se la neve è più presente di quanto avevamo ipotizzato, decidiamo di proseguire verso la cima Zebrù, che raggiungiamo senza particolari problemi. Da qui, i resti di una scala militare ci indirizzano verso il sottostante passo Sud. Man mano che proseguiamo i resti della 1° guerra mondiale si fanno sempre più evidenti: matasse di filo spinato, trincee, lattine arrugginite, suole di scarponi ci parlano della dura vita di persone di cent’anni fa, mandata a combattere su queste cime inospitali. Passiamo anche tra i resti di un piccolo villaggio militare, ora abitato solo dalle marmotte. Scendendo le rocce cominciano a lasciar posto all’erba. Mangiamo e poi incrociamo un sentierino panoramico, sopra quello che doveva essere il ciglio di una morena, che pian piano ci porta al punto di partenza. Una birra fresca conclude una bella giornata in alta valle.

 

 

MUSICA IN GIARDINO

Venerdì 10 giugno si è tenuta la quinta edizione della nostra manifestazione “Musica in giardino”.

MINIERA DELLA BAGNADA

Il lungo serpentone umano arranca per le rampe della corta ma ripida salita che, partendo dal piccolo museo, sale fino all’imbocco della miniera. Pochissimi sono già entrati in un ambiente simile, ma, dopo tanti anni di film e fumetti western, ognuno sa già cosa aspettarsi. E così, quando ci si trova davanti al tunnel d’ingresso fornito di rotaie e relativo trenino, travi e pilastri in legno che reggono il soffitto di un basso corridoio rettangolare, molti hanno una sensazione di dejà-vù. Appena entrati, messo il piede nella prima pozzanghera che incontriamo, capiamo subito perché la miniera si chiama così: Bagnada. Altra cosa che capiamo subito è che il suggerimento di coprirci contro il freddo è stato quanto mai opportuno: all’interno ci sono 6-7 °C che, seppure in una giornata di inizio giugno non caldissima, sembrano molto pochi. Così il primo drappello di un contingente di più di cinquanta persone, bardato di tutto punto e con tanto di casco in testa, entra nella miniera. Dopo il primo corridoio la galleria si alza un poco, permettendo anche ai più alti di camminare tranquillamente eretti. Le spiegazioni di Pierangelo, la nostra guida, sono competenti e puntuali, permettendo una visita interessante. Anche l’allestimento non è male: la miniera è illuminata bene, sia con luci per guidare il visitatore nel percorso, sia con luci d’accento per creare una giusta atmosfera; scale comode permettono di cambiare livello di galleria e raggiungere spazi didattici dove sono riproposti macchinari, ambienti e lavorazioni tipici della miniera. Il tutto è aiutato da inaspettate proiezioni di filmati con ricostruzioni dei momenti topici della vita dei minatori. Percorriamo i cunicoli in lungo ed in largo, raccogliamo gli ultimi pezzi di talco dell’ormai esausta, e perciò abbandonata, miniera e dopo circa un’ora e mezza usciamo nuovamente all’aria aperta. Visitiamo il piccolo ma interessante museo e, dopo esserci ricongiunti con l’altra metà del gruppo, facciamo rotta per il vicino rifugio dell’Alpe Ponte. Il percorse è breve (una mezz’oretta) ma sufficiente per farce venir fame. Alcuni mangiano al sacco, altri (con soddisfazione) all’interno. Mentre quest’ultimi si attardano con i piaceri della tavola, altri esplorano l’intorno. Ci facciamo largo tra le magre mucche e ci portiamo sull’orlo dell’impressionante “ruinun”, un canalone franoso-erosivo che pian piano si sta mangiando l’alpeggio ed i boschi circostanti, sostituendoli con pinnacoli di sabbia e detriti e spondoni ghiaiosi. Ci chiediamo quanto resisteranno ancora le baite, prima di essere inghiottite da baratro e, per sicurezza, ci allontaniamo, tornando al rifugio. Qui, all’ora della merenda, ci dividiamo ancora una volta in due gruppi: alcuni, per motivi vari, preferiscono scendere dalla strada dell’andata, altri, insoddisfatti per l’esiguo dislivello finora fatto, preferiscono scendere a piedi fino a Lanzada. Una volta qui, mangiamo i famosi biscotti Lanzadini  e Sebastopoli(?) della pasticceria Gianoli, aspettiamo l’autobus e ce ne torniamo a casa.

@lex

 

RESEGONE

Domenica mattina, 22 maggio, contrariamente alle nostre abitudini, anzichè dirigerci a Nord o salire di quota, abbiamo puntato le auto verso Ovest e siamo “scesi” a Lecco. Meta la stazione della funivia di Versasio, punto di partenza della decaduta stazione sciistica dei Piani d’Erna. Per ridurre il dislivello, che diversamente sarebbe stato un po’ impegnativo per un’escursione sezionale, saliamo il primo tatto con la funivia. Da qui un comodo sentiero ci raccorda con quello principale che sale diretto al Resegone. “Diretto” per modo di dire, perché in realtà dobbiamo aggirare tutto un grosso sperone roccioso nella Val Comera, raggiungere la Val Negra e risalirne il canalone finale. Il sentiero diventa subito più ripido e soprattutto con un fondo decisamente più accidentato, che fa subito una vittima: Francesca mette male un piede procurandosi una storta che la costringe a rinunciare alla cima. Ripartiamo raggiungendo un ambiente per noi un po’ inconsueto, quasi dolomitico, fatto di rocce calcaree che disegnano pinnacoli e creste aeree. Il nostro sentiero è comunque semplice e panoramico fino al canalone finale, dove la pendenza aumenta decisamente, richiedendo a volta l’uso delle mani per salire. Arriviamo così al rifugio Azzoni e da lì alla grande croce della Punta Cermenati, a quota 1875 metri. La cima è molto panoramica ma anche molto frequentata, tanto che facciamo quasi fatica a fare una foto di gruppo. Avendo già deciso che non ci saremmo fermati a mangiare in vetta, cominciamo a scendere dal versante opposto, attraverso un sentiero che punta a Monterone, diretti al passo del Giuff. Il primo tratto della pista è spoglio e sassoso, poi si infila in un bel bosco di faggi. Raggiungiamo una zona di sosta e ci fermiamo a mangiare. Enzo e Franca, dolorante al polso per una scivolata, decidono di rientrare prima, e così lasciano il gruppo. Terminato il pranzo e relativa (breve) siesta, si riparte, in lieve salita verso il passo che ci permetterà di portarci nuovamente nel versante lecchese. Chiacchierando ci abbassiamo con il tranquillo sentiero boscato, fino a raggiungere nuovamente i piani d’Erna. Nessuno decide di prendere nuovamente la funivia, così scendiamo per un tracciato che ci porta prima al rifugio Stoppani e quindi al parcheggio. Una birretta ed un panino nel giardino del bar concludono una piacevole domenica

MARMOLADA

Fine settimana indimenticabile per l’uscita sociale di scialpinismo del 2-3 aprile 2016,  LA MARMOLADA  ha confermato la sua bellezza e la sua difficoltà.

Primo giorno: salita da Malga Ciapela ( BL ) 1450 m con la funivia fino alla stazione di Punta Rocca 3265 m, raggiunta a piedi in pochi minuti. Da qui discesa in fuoripista su ripidi pendii fino agli impianti di risalita Pian dei Fiacconi e poi lungo la pista diretti al lago di Fedaia 2074 m al Rifugio Dolomia.

Secondo giorno: partenza alle 7,00 sci ai piedi per la Punta Penia 3342 m.

Salita in direzione del Rifugio Pian dei Fiacconi , poi spostamento sulla destra con un lungo diagonale che ci porta nel ripido canalone di fronte alla parete nord. Qui comincia la parte più impegnativa della salita, le ripide pendenze e il manto nevoso assolutamente duro, ci costringono fin da subito a mettere i rampanti agli sci e poi in prossimità dello stretto passaggio con rocce affioranti e fondo ghiacciato, a calzare i ramponi fino alla sella a circa 3000 m. Rimessi gli sci ai piedi si risale lo spallone finale la cui pendenza diminuisce progressivamente, fino a raggiungere la croce di vetta.

Grande entusiasmo per tutti i partecipanti, ben  29 hanno raggiunto la cima  più alta della Marmolada, un itinerario impegnativo di grande soddisfazione.

 

 

 

 

 

 

 

Piz Muntiscè

Alla sera (d’estate)

Venerdì scorso, 19 giugno, si è tenuta la consueta cena d’inizio estate. Sul terrazzamento con “vista Disgrazia” della nostra sede, all’interno dei giardini di Palazzo Malacrida, ci siamo intrattenuti in una gradevole sera di giugno, fatta di “nubi estive e zeffiri sereni” per dirla come Foscolo. Comodamente seduti ai tavoli, tra una fetta di polenta ed un assaggio di salsiccetta ai funghi, abbiamo osservato il tramonto e le evoluzioni di strane nuvole. Sceso il sole, dato che gli zeffiri che scendono dalla Val Gerola non sono così sereni come vorrebbe il poeta, siamo subito ricorsi ai maglioni, continuando poi però con le nostre conversazioni e con le soddisfazioni della tavola. Quando il buio ha avuto il sopravvento su una delle giornate più lunghe dell’anno, le candele hanno dato un tocco d’atmosfera alla tavolata. Dolci, caffè, ammazzacaffè e digestivi  alle erbe più improbabili, hanno piacevolmente dilatato i tempi della cena. Poi in un baleno abbiamo smontato la sala delle feste, e presi armi e bagagli abbiamo lasciato l’ormai silenziosa contrada Scimicà che, nonostante noi, tentava di dormire.

PIZ GRIATSCHOULS

La seconda gita di scialpinismo, prevista per il 16 febbraio, è stata rinviata alla domenica successiva a causa del maltempo: il giorno 23 splendeva il sole su Zuoz, il paese dell’Engadina punto di partenza dell’itinerario.

Con grande soddisfazione per gli organizzatori anche in questa gita abbiamo superato le trenta presenze, a conferma del fatto che la scelta delle mete è di grande interesse. 

Ha contribuito a rendere piacevole la salita il clima mite, nonostante le basse temperature, grazie all’esposizione del percorso a sud e alla totale assenza di vento: subito dopo il primo tratto pianeggiante, quando la salita si è fatta più ripida, si è cominciato a sudare e molti di noi si sono messi addirittura in maglietta.

Avanzando su pendenze costanti, a circa 2300 m, siamo giunti a un rifugio/bivacco per una breve sosta; da qui procedendo su ampi pendii abbiamo raggiunto la sella sotto l’ultimo ripido tratto finale che conduce all’anticima, sulla quale alcuni sono giunti con qualche difficoltà a causa dell’estrema pendenza e della numerosa presenza di alpinisti. 

La salita della gita CAI si è chiusa sull’anticima perché il canalino finale sotto la vetta, molto ripido e carico di neve, non garantiva assoluta sicurezza. Ottimo colpo d’occhio sull’imponente Piz Kesch alle nostre spalle e sul versante opposto sul Piz Arpiglia e il Piz Uter, potenziali mete per gite future. Dopo i saluti di vetta e il veloce ristoro, alla snocciolata ci siamo lanciati in una discesa che, grazie alla neve nel primo tratto ancora farinosa e nella parte finale trasformata “al punto giusto”, ci ha regalato grosse soddisfazioni.

Come di consueto, un video a ricordo della splendida giornata: clicca qui.

PIZ MURAGL

Alla partenza del trenino a cremagliera di Muottas Muragl, domenica 12 gennaio si sono presentati all’appello ben trentaquattro scialpinisti, per partecipare alla prima escursione con le “pelli di foca”. Tempo bellissimo con cielo terso e temperatura di parecchi gradi sotto allo zero contrariamente alle previsioni.

Dopo il consueto controllo degli artva, alla spicciolata la comitiva si è avviata verso la stretta valle boschiva del primo tratto dell’itinerario. Superate le baite di Tegia Muragl, il lungo percorso pianeggiante ci ha permesso di procedere di pari passo, recuperare il fiato e scambiare quattro chiacchiere per conoscere i nuovi compagni, vista la presenza anche di membri del Cai di Sondrio e di Colico. Percorsi circa 7 km, ci siamo fermati per una breve pausa ristoratrice per raccogliere le energie che il tratto finale richiedeva e per godere del tepore del sole che fino a quel momento era rimasto nascosto dietro alla sponda destra della valle.

Nell’ultima parte del percorso ogni scialpinista ha dato il meglio di sè: è stata la parte più impegnativa, vista la ripidità del tratto, l’altitudine elevata e la stanchezza accumulata. Come da programma la meta è stata raggiunta da tutti i partecipanti in circa 3 h e 30′ e lasciati gli sci a 30 m dalla vetta, in piccoli gruppi siamo saliti fino alla croce che svetta sulla cima del Piz Muragl a quota 3157 m s.l.m.. Lo spettacolo mozzafiato a 360° sulle vicine montagne del Bernina, il lontano Monte Rosa a ovest e il gruppo dell’Ortles a est ha ricompensato le nostre fatiche.

L’assenza di vento e il sole ci hanno permesso di sostare tranquillamente per il pranzo ad alta quota e di prepararci alla spettacolare discesa, resa a tratti difficoltosa dal manto nevoso ventato. Come da copione nelle gite sociali Cai abbiamo concluso la bella giornata con una pausa merenda in pasticceria.

Per avere il ricordo della nostra gita clicca qui.